La ricciola di Imola è un lievitato a metà tra il pane e la brioche. Per me è stata una delle colazioni e merende della mia infanzia e oggi la puoi trovare nell’elenco delle De.Co di Bologna, cioè nella lista dei prodotti agroalimentari e delle attività tradizionali bolognesi e di tutto il suo territorio metropolitano, Imola compresa.
Mossa dalla curiosità di conoscere la sua storia, e dal desiderio di condividere questa ricetta tra le pagine del blog, in un pomeriggio freddo di marzo guido in direzione Imola, una piccola città adagiata lungo la Via Emilia dove sono nata e cresciuta.
Nonostante sia collocata in provincia di Bologna, la cittadina fondata dai Romani è di cultura, gastronomia e dialetto romagnolo. A conferma di quanto detto, sto per incontrare il maestro panettiere Ermes Ricci, detto Pasticcio. In Romagna molti hanno un soprannome, a volte anche un po’ scomodo da portare.
Sono nella bassa Imolese, una distesa di campi coltivati punteggiata qui e là da qualche casa.
Non ho il navigatore e, come immaginavo, sto incontrando difficoltà a trovare l’abitazione del maestro.
Ricordi il cartone animato Wacky Races, che in Italia fu trasmesso come La corsa più pazza del mondo?
Ecco, ad un certo punto mi sono sentita Penelope Pitstop, ma senza il suo vezzoso coupè rosa.
Continuavo a girare su me stessa, ripercorrendo avanti e indietro le stesse strade, quando, un po’ agitata all’idea di arrivare in ritardo, decido di chiedere indicazioni e, sorpresa, il nome sul campanello mi avverte che sono arrivata a destinazione.
La storia della ricciola è bella perché è normale.
Esordisce così Ermes Ricci figlio del maestro panettiere che ha creato questa sfogliata salata al profumo di rosmarino.
E con normale, il maestro intende dire che suo padre era uno che usciva all’alba per andare al lavoro e che lavorando ebbe l’intuizione di impastare una sfoglia salata, darle la forma di chiocciola da cui ha preso il nome e che, come ha scritto Francesca Andalò nella sua tesi di laurea dedicata a questo prodotto da forno tipico della città di Imola, non è un pesce, l’accento infatti cade sulla prima e non sulla seconda i.
Stiamo chiacchierando in cucina, la stanza più adatta per ascoltare la storia di una ricetta, quando si unisce a noi un altro maestro, lo chef stellato Valentino Marcattilii che è legato alla famiglia Ricci e alla storia della rìcciola di Imola.
La storia di una ricciola
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, lo sviluppo dei processi industriali rende obsolete molte lavorazioni artigianali, come quelle del cordaio e del canapino. Angelo Ricci, il creatore della brioche, da canapino diventa pasticcere iniziando a lavorare come apprendista presso la pasticceria artigianale Flamigni di Forlì fondata nel 1930.
Il maestro ricorda che in quel laboratorio, alla fine degli anni Quaranta, il padre Angelo crea la prima ricciola.
Dopo avere imparato il mestiere, Angelo Ricci inizia a fare la stagione estiva sulla Riviera Romagnola come panettiere. Al termine della guerra, riprende infatti la vita e inizia la lunga stagione turistica che dagli anni Cinquanta ha reso celebre la Riviera Romagnola. Il turismo mette le ali alla ripresa economica visto che servono alberghi, ristoranti, bar e, naturalmente, cuochi, pasticceri e camerieri per fare fronte alle esigenze dei vacanzieri.
Ermes Ricci ricorda che affittavano una parte di forno in Piazza Tripoli a Rimini e dormivano in un appartamento all’ultimo piano dove il tetto bombardato non era ancora stato ricostruito. Sorride a questo ricordo e si capisce che erano bei tempi anche senza un tetto sulla testa.
C’è tanta fierezza in questo uomo che raccontando rivede se stesso bambino mentre aiuta il babbo con suo fratello.
Nel forno estivo, Angelo Ricci impasta e cuoce i prodotti che vende agli alberghi.
Il pane tutti i giorni, i dolci solamente giovedì e domenica, all’epoca il dessert era l’eccezione e non la regola nelle pensioni e nei piccoli alberghi a conduzione familiare di Rimini.
E poi, naturalmente, la ricciola che fragrante e profumata veniva venduta dagli ambulanti in spiaggia insieme ai bomboloni ripieni di crema. Ermes ricorda che all’epoca non c’erano il cocco fresco venduto a pezzi o i canditi, la frutta caramellata infilata negli stecchi che ancora oggi puoi comprare in spiaggia tra Rimini e Riccione.
I venditori non provenivano dal sud o dall’estero, erano stagionali di origine Toscana che a piedi, allora come oggi, battevano la spiaggia al grido di “ricciola, bomboloni”.
Negli anni Cinquanta Angelo Ricci torna nella nativa Imola e qui inaugura il Bar dei Giardini, locale storico della città che affaccia sui giardini del complesso di San Domenico, proprio di fronte all’edificio che dagli anni Settanta ospita il ristorante stellato San Domenico.
Tra Angelo Ricci e Valentino Marcattilii, futuro chef stellato del San Domenico di Imola, corre un filo sottile tenuto insieme dalla ricciola che puoi trovare nel cestino del pane del ristorante. Un omaggio d’amore verso un prodotto tipico del territorio e d’amicizia verso Angelo, che è stato maestro anche di Valentino, ed Ermes che ha portato nelle cucine stellate del ristorante imolese la conoscenza della ricciola.
Una ricetta che dopo l’exploit riminese, è rimasta circoscritta al territorio della città ma che in una Italia profondamente legata a una idea di colazione dolce, soprattutto tra gli anni Cinquanta e Sessanta, rappresentò una grande novità.
Puoi leggere il racconto completo dell’incontro su Fritto Misto, la mia newsletter.
Note sulla ricetta della ricciola di Imola
Ti lascio con le parole che Valentino ha detto a me: lo sai anche tu che avere una ricetta non vuol dire niente quindi dico a te quello che ho detto anche a mio nipote che voleva imparare a farla. Vai a casa e inizia a fare delle prove. Vedrai che viene dopo due-tre esperimenti.
Sapevo che sarebbe stata una prova impegnativa. Anche se ho chiesto ai maestri di raccontarmi nel dettaglio la preparazione, non ho alcuna conoscenza dei gesti necessari per dare vita questa ricetta.
La ricetta che condivido, in rete ne puoi trovare di diverse, è quella del creatore, Angelo Ricci. Il figlio Ermes non ha timore di condividerla, anzi gli fa piacere condividere gli ingredienti che sin dall’origine fanno parte della brioche. E la ricetta è insidiosa perché porterai sempre a casa qualcosa di buono ma non è detto che sia la vera ricciola di Imola.
Il mio consiglio? Prova e divertiti, poi vai a Imola per assaggiarne una originale e scoprire così se ti è venuta.
Prima di metterti al lavoro:
- leggi la ricetta più volte;
- possedere due forni non è necessario ma fortemente consigliato: userai il primo come camera di lievitazione e il secondo per cuocere le ricciole che, terminata la fase di riposo, devono subito cuocere nel forno a temperatura. Se non hai due forni, prepara diversi canovacci per tenere al caldo le salate;
- la lievitazione è la fase più critica (come se la sfogliatura fosse facile, detto tra noi che non siamo maestri);
- il rosmarino non va mescolato all’impasto ma solo sbriciolato sulla superficie, insieme al sale grosso prima della cottura in forno. Il maestro Ermes Ricci si arrabbia molto con chi non rispetta questa regola, sappilo;
- avere due forni, per me, è fondamentale. Ho provato a fare la prima lievitazione fuori dal forno e il risultato è stata una teglia di ricciole troppo croccanti. Quando mordi la brioche deve essere un po’ pane e un po’, solo un po’ croccante.
Prima di approdare sul blog, ho ripetuto molte prove e, confesso, solo una volta ho centrato il sapore della ricciola di Imola che è leggermente croccante, ha il profumo e la pastosità del pane appena la metti in bocca ma poi arriva il burro che scioglie il boccone e ti lascia con la leggerezza della pasta sfoglia. La superficie è dorata ma non troppo scura. Infine, il profumo del rosmarino deve essere abbastanza intenso da trasformarsi in sapore. Per ottenre questo effetto anticipo la spolverata di rosmarino (ma non quella del sale) alla fase della lievitazione ma, per favore, non ditelo ai maestri.
Buona cucina, Monica
QUI trovi un’altra ricetta di girelle salate farcite con prosciutto.
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Ricciola di Imola
Equipment
- impastatrice
Ingredienti
- 90 g di burro da pasta sfoglia + due cucchiai di farina, circa 50 g
- 25 g di lievito di birra fresco + 10 g di acqua calda
- 500 g di farina 00
- 20 g di strutto
- 10 g di sale
- 10 g di olio d’oliva
- 300 g di acqua a temperatura ambiente
Istruzioni
- Lavora velocemente il burro freddo con la farina ottenendo un panetto piatto, rettangolare e alto due centimetri. Questo passaggio è importante per evitare che il burro si rompa durante la fase della sfogliatura. Metti da parte.
- Sciogli il lievito in poca acqua calda e metti da parte.
- Nella ciotola della planetaria, unire la farina, lo strutto, l'olio d'oliva, il sale e il lievito sciolto nell'acqua. Mescolare con la frusta a gancio mentre si versa tutta l'acqua, un po' alla volta. Lavora l'impasto per circa 10 minuti. Quando è ben amalgamato e omogeneo (sembra appiccicoso ma si maneggia bene quando si inizia a lavorarlo), rovescialo su un piano di lavoro leggermente infarinato, spolvera con un po' di farina, stendilo con un mattarello formando un rettangolo e lascia riposare 5 minuti senza coprire.
- Nel frattempo, portare il forno a 30°C, mettendo all'interno un pentolino di acqua calda per creare umidità. L'ideale sarebbe avere due forni: uno come camera di lievitazione e il secondo per la cottura. Infatti, le brioches dovrebbero entrare immediatamente nel forno già caldo dopo il riposo. Se non hai due forni, prepara diversi canovacci per coprire la teglia e tenerla al caldo durante il riposo e tieni libero il forno per la cottura. Terminato il riposo le brioches devono subito entrare nel forno già caldo.
- Sistema il burro al centro dell’impasto e richiudi su di lui l'impasto formando un pacchetto (vedi foto sotto).
- Con il matterello stendi l’impasto ad uno spessore di circa 2 cm formando un rettangolo. Se ce l’hai usa un matterello pesante, ad esempio di marmo. Oppure imprimi tutta la forza che hai.
- Piega la pasta su sé stessa a portafoglio facendo due pieghe, una sopra l’altra, e formando quindi tre strati.
- Stendi di nuovo l’impasto con il matterello e ripeti l’operazione delle pieghe altre due volte (tre in tutto, ok?). Ogni volta che fai le pieghe stendi l’impasto con il matterello a una altezza di 2 cm.
- Prendi l’impasto e taglia tante striscioline dal lato lungo della pasta stesa con un coltello affilato.
- Partendo da un lato dà a ogni striscia la forma di una ricciola, tipo una chiocciola. L’esperienza, un po’ alla volta, ti aiuterà a migliorare l’estetica.
- Sistema le ricciole arrotolate su una o due teglie coperte di carta cucina e metti nel forno a 30 gradi per circa 40 minuti senza mai aprire lo sportello. La lievitazione in questa fase è molto delicata.
- Porta il forno a una temperatura di 200 gradi, funzione statica. Nel frattempo prepara anche del rosmarino tritato e sale grosso.
- Terminato il tempo di lievitazione spolvera le ricciole con sale grosso e rosmarino. Cuoci nel forno già caldo per circa 20minuti o fino a quando saranno dorate.
- Lascia riposare almeno per una mezz’ora prima di assaggiare.
Consiglio
- Conserva fuori frigorifero in una scatola di metallo per alcuni giorni.