Conosci le mistocchine?
È una antica ricetta contadina e uno dei primi cibi di strada della storia gastronomica bolognese. Assomigliano un po’ ai necci toscani.
E d’altro canto, la presenza dei castagni, diffusi da secoli nell’Appennino tosco-emiliano-romagnolo, ha creato abitudini alimentari condivise tra Bologna, la Romagna della bassa e quella appenninica e il versante toscano.
Qualche esempio? Anticamente la polenta di farina di castagna era un cibo diffuso su un territorio molto vasto.
Lo stesso vale per minestra di castagne e castagnaccio (qui trovi la ricetta della mia nonna paterna).
Le mistocchine
“Bologna la grassa” non tragga in inganno.
Oltre ai piatti sontuosi, che hanno reso famosa la città delle torri, c’è una tradizione altrettanto solida di piatti poveri della tradizione contadina.
Le mistocchine sono una delle forme più semplici di uso della farina di castagna.
Sono dolcetti di forma rotonda o ovale e, nella versione più povera, era un impasto di acqua e farina. Se c’era, si usava il latte. In tempi più recenti, al composto si aggiunge un pizzico di sale e, a volte, un goccio di liquore all’anice. Cuociono sul testo come la piadina, ed esiste anche una versione fritta.
La ricetta, che nasce sull’Appennino bolognese, era diffusa anche nella bassa Romagna contigua a Bologna. Graziano Pozzetto, esperto di cucina romagnola, scrive delle mistocchine “Dolce tradizionale a base di farina di castagne, legato all’infanzia di non tanti romagnoli, che si acquistava nei chioschi qua e là nella Bassa Romagna, oppure davanti al cinema del paese, o agli angoli dei borghi delle cittadine della piana ravennate, dalla vecchietta o dall’ometto con il carrettino ambulante”.
Sembra che la parola derivi dal verbo arcaico “miscere” che indicava sia una mistura di avanzi di castagne ridotti in polvere; sia richiamava l’azione del mescolare/impastare connessa al procedimento per unire acqua e farina.
Mistocchinaia e mistocchine
La mistocchinaia era una figura così popolare che Carlo Goldoni, nel 1759, la cita ne L’Impresario della Smirne:
«Che vuol dire Mistocchina? Come quella giovane è bolognese, e che a Bologna chiamano mistocchine certe schiacciate fatte di farina di castagne, le hanno dato un soprannome che conviene alla sua patria, ed alla sua abilità».
Nelle cronache cittadine, le venditrici di mistocchine compaiono già nel XVII secolo.
E pensa che le postazioni erano assegnata con bando pubblico e nelle pubblicazioni ufficiali c’era il prezziario delle mistocchine.
Le mistocchinaie erano le donne che, oltre a preparare, vendevano il loro prodotto da dicembre sino a Carnevale per le strade di Bologna.
Di solito, si trovavano vicino alle colonne dei portici per proteggere il fuoco di fortuna che serviva per cuocere le mistocchine. Il rudimentale fornello è alimentato da carbone di legna e un paravento che protegge il fuoco che tiene calda la piastra di cottura, sospesa su un trespolo. Dopo la cottura, le mistocchine si impilavano una sopra l’altra in cesti di paglia per conservarne il calore in attesa di venderle.
Le fonti riportano che la mistocchinaia è vestita di bianco, o porta un ampio grembiule bianco, come bianchi sono pure il fazzoletto che portano avvolto attorno alla testa e i manicotti che scendono dal gomito sino ai polsi. Di solito sono donne ma si ricordano anche alcuni uomini.
A metà Novecento, le mistocchinaie sono soprattutto un ricordo che compare nel presepe bolognese. Anche se fino agli anni Cinquanta del Novecento, si trovano ancora le ultime mistocchinaie per strade del centro città o in occasione della Fiera di Santa Lucia.
Tra le donne, si ricorda anche qualche mistocchinaio.
La memoria di questa ricetta, tramandata oralmente, ad un certo punto si perde.
Le mistocchine sono un cibo povero e, come per la piadina, L’Artusi non riporta la ricetta.
Ma, nell’edizione con note della sua opera, come spiegazione della ricetta 240, “Migliaccio di farina dolce, volgarmente Castagnaccio”, si legge che «le castagne sono state per lunghissimo tempo alimento base della gente di montagna. La polenta di farina di castagne ha sfamato intere generazioni. Nell’Appennino tosco-emiliano si cuocevano tra due ferri delle focaccine dette patolfe, mentre a Bologna su una piastra caldissima e si vendevano per strada col nome di mistocchine. In Toscana invece con la farina si cucinava una specie di pane chiamato pattona o polenda e il neccio, piccola pattona cotta tra due piastre».
Sfogliando il ricettario scolastico del 1923 della Signorina Gamberini, una studentessa della scuola professionale Regina Margherita (prima scuola femminile di arti e mestieri della provincia di Bologna, poi Istituto Sirani), le ragazze imparano l’arte della pinza, della ciambella, delle raviole, persino del castagnaccio ma non delle mistocchine.
Le mistocchine si comprano per strada, non si portano in tavola.
Eppure Elio Zorzi, gran intenditore di gastronomia veneziana e italiana, proprio negli stessi anni, riconosce tra le specialità bolognesi: «mortadella, tagliatelle sottili e mistocchine».
Le mistocchine trovano posto anche ne La Guida gastronomica italiana del Touring, un censimento del patrimonio culinario italiano (edizione del 1931): «piccole paste fatte di un intriso di farina di castagne, cotte su lamine di ferro.
È un dolce di modesta fattura, altre volte popolarissimo a Bologna..» ma già si dice che le mistocchinaie vanno scomparendo.
Nei ricettari degli anni Sessanta non troviamo più alcun riferimento a questo antico cibo di strada che i gastronomi di tutta Italia riconoscevano come parte del patrimonio culinario di Bologna.
Come succede che le mistocchine vengono dimenticate e il neccio no?
Il problema della memoria orale è che se finisce la trasmissione, si perdono i ricordi.
In Toscana lo story telling che basa l’identità regionale (anche) sul cibo inizia secoli fa e questo ha permesso di conservare un intero patrimonio di ricette contadine che, diversamente, avrebbero rischiato l’oblio.
La ricetta
Slow Food, nel dizionario dedicato alla cucina regionale italiana per stranieri (2010) cita le mistocchine, facendo chiarezza nella disputa tra Bolognesi e Ferraresi che rivendicano l’origine della ricetta: «in Ferrara they may also be fried, in which case they are called tamplun».
Le mistocchine erano e sono un dolce senza zucchero e naturalmente senza glutine.
Se usi acqua, puoi aggiungere almeno un cucchiaio di zucchero nell’impasto.
Anche se ricordano l’aspetto dei pancakes, non sono soffici e l’impasto non è pastellato, anzi, si stende con il matterello. Oppure strappa dei pezzi di impasto di pari peso e schiaccia con le mani dando forma rotonda.
Tradizionalmente la mistocchina si stendeva alta quasi un centimetro ma io ti consiglio di farle più sottili, mezzo centimetro o anche meno. Ricorda che una volta questo dolce era, per molti, l’unica occasione di mangiare una golosità. Probabilmente i i bimbi di una volta, avrebbero voluto le mistocchine ancora più alte.
Ma oggi i gusti sono cambiati. Siamo abituati a dolci sofisticati e più dolci. Se la stendi alta, in bocca, rischi l’effetto mappazzone. Stendile sottili, mezzo centimetro o annche meno.
Questo antico cibo di strada merita di conquistare la via della tavola.
Sono una valida alternativa come merenda. Se le servi a degli adulti a fine pasto, accompagna con un bicchiere di vino dolce.
Buona cucina, Monica
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Ricetta delle mistocchine
per circa 8 pezzi
Lista degli Ingredienti
200 g di farina di castagne
100 g di latte, circa
un pizzico di sale
zucchero a velo o semolato per spolverare
Procedimento
In una ciotola mescola la farina con il sale.
Versa il latte poco alla volta.
A seconda che si tratti di farina vecchia o nuova, può assorbire più o meno liquido. Nel caso, aggiungi un po’ di liquido.
Trasferisci l’impasto su un piano pulito e leggermente infarinato. Impasta con le mani fino a quando l’impasto sarà morbido ma non appiccicoso.
Strappa dei pezzi di uguale peso e schiaccia con le mani, oppure stendi l’impasto con il matterello a una altezza di 1/2 centimetro o più sottile.
Cuoci su una piastra o in un tegame antiaderente per alcuni minuti per lato. Quando la farina cambia colore, sono pronte.
Mano a mano che cuoci, impila le mistocchine una sopra l’altra per mantenerle calde.
Spolvera con zucchero, a velo o semolato come preferisci, e servi.