Il bracciatello è una ricetta un po’ dimenticata della tradizione romagnola.
È una ciambella, di solito poco dolce, tipica della colazione di Pasqua.
E anche se nei ricettari romagnoli trova posto tra i dolci, è un quasi pane.
La versione tipo ciambella, con uvette o gocce di cioccolato, è recente.
In origine era quasi sicuramente un biscotto secco che, nel tempo, è cambiato. In alcune zone è un pane grande, in altre i bracciatelli sono piccoli come panini. Qualunque sia la sua misura ha sempre il buco in mezzo.
Il bracciatello o brazadèl
Ha una storia antica che risale al Medioevo.
Se del bustrengo, il dolce svuota dispensa delle famiglie contadine di Romagna si è persa la storia delle origini e persino quella del nome, del bracciatello sappiamo qualcosa di più.
Nel Dizionario Romagnolo Ragionato alla voce Brazadèl, testo di G. Quondamatteo, si legge:
“bracciatella è voce del XIII secolo e il dolce è documentato, come bracidellus, in una glossa latina medievale del X secolo. Il nome deriverebbe dal fatto che veniva spontaneo, ai primitivi venditori, usare il braccio per tenerveli comodamente e in mostra”
Le fonti storiche concordano nel ritenere che il nome sia collegato proprio all’usanza medievale di vendere nei mercati questi pani usando il caratteristico buco centrale per infilarli nel braccio del venditore a guisa di bracciale.
Tradizione che si praticava ancora nel Novecento, almeno fino agli anni Sessanta, quando il bracciatello si vendeva nelle sagre di paese come dolce per i bambini.

La tradizione della ciambella a corona
Era diffusa in tutta la Romagna, dall’Appennino alla Riviera, anche se in modo non uniforme.
In alcune zone era un tipico dono per i più piccoli in occasione di cresime e battesimi.
Anche regalare un cestino di bracciatelli alle puerpere era considerato di buon auspicio.
Ma la tradizione del brazadèl è legata soprattutto alla Pasqua, quando i contadini portavano i loro pani a cuocere nel forno del paese per consumarli in occasione della colazione di Pasqua con uova, formaggio, salumi, miele.
Proprio come in altre zone, sempre della Romagna, si faceva con la pagnotta semi dolce di Pasqua.
Il bracciatello nasce come probabilmente come biscotto né dolce né salato. Lo zucchero era un ingrediente troppo costoso per una ricetta della tradizione contadina.
Poco alla volta diventa un pane al cui impasto si aggiungeva qualche cucchiaio di miele. Questa è la ragione per cui era considerato un dolce. Alcuni anziani, a seconda della zona, ricordano ancora il bracciatello nella versione biscotto.
La versione arricchita con uvette e, a volte, gocce di cioccolato, è storia recente.
Forme e cotture
Una particolarità di questa ciambella risiede nella forma, che può avere diverse grandezze, e nelle cotture, al plurale!
Il bracciatello che assomiglia un grande ciambellone cuoce direttamente nel forno e ricorda sia la corona pasquale trentina sia il casatiello napoletano (anche se il bracciatello non ha ripieno).
Inoltre sembra che sia esistita anche una versione fritta ma non ho trovato tracce di questa tradizione.
Nella variante che chiamerò a braccialetto, che poi è quella che ho deciso di condividere, sembra un bagel.
Hai presente il panino di New York, quello con il buco in mezzo?
Il bagel ha origini europee e arriva negli Stati Uniti a seguito degli immigrati tedeschi e polacchi. Ma anche di tutti gli europei d’origine ebraica che nei secoli hanno cercato riparo prima dai pogrom russi e poi dai campi di concentramento nazisti.
Infine, il bracciatello piccolo ricorda un bagel anche nella doppia cottura: prima deve bollire in acqua e solo dopo si mette a dorare in forno.
Sembra incredibile ma è così!
Se non sei nuovo al blog, sai che parlo spesso di storia e tradizioni della cucina europea che, a seguito dei flussi migratori, ritroviamo in America.
La mia ricetta del bracciatello
La tradizione del bracciatello, dolce o semi salato, grande o piccolo, sta scomparendo. Sopravvive qui e là in qualche paese della Romagna dove c’è ancora qualche panificatore volenteroso che lo prepara in occasione della Pasqua.
Condivido la ricetta che Graziano Pozzetto riporta nel suo libro Cucine di Romagna poiché, fra le tante che ho letto, mi sembra la più verosimile e rispettosa della tradizione contadina da cui proviene questa tradizione.
Nel libro si parla del bracciatello a corona, che dovrebbe ricordare quella di spine di Cristo, sia nella versione grande che in quella piccola.
Ho scelto proprio la seconda che, a mio parere, è la più conviviale.
Un cestino di bracciatelli farciti può facilmente diventare antipasto, merenda o aperitivo.
Ma vanno bene anche in un cestino da picnic.
Mi auguro che il bracciatello, cugino del bagel, possa trovare nuova fortuna.
Buona cucina, Monica
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Consiglio
Se utilizzi lo strutto, il bracciatello sarà più sfogliato. Se usi l’olio d’oliva sarà più simile a un pane. Scegli la strada che preferisci. A me piacciono entrambi.
Bracciatello di Pasqua, ricetta di Romagna
per 6 persone
Lista degli Ingredienti
farina 00, 500g
uova, 2
miele, 30 g
strutto, 40 g
oppure olio d’oliva, 50 g
lievito di birra, 7 g
latte tiepido, 150 ml
sale fino, un cucchiaino molto generoso
Procedimento
Impasta gli ingredienti sul tagliere o nell’impastatrice.
Ricava circa 10-12 pezzi di impasto.
Forma dei rotolini larghi circa 1 cm e lunghi 15-20 cm. Unisci le estremità e forma un cerchio.
Lascia riposare per circa 20 minuti sotto un canovaccio.
In questa fase i bracciatelli non crescono molto. La lievitazione avviene in acqua prima e nel forno in un secondo momento.
Cuoci pochi pezzi alla volta in acqua bollente non salata per circa 3-4 minuti.
Se finiscono in fondo alla pentola non muoverli fino a quando non riemergono da soli in superficie.
Scola e immergi in una ciotola di acqua fredda per alcuni minuti.
Disponi su una teglia da forno e spennella la superficie con olio d’oliva (la mia scelta) o del tuorlo.
Cuoci in forno statico, già caldo, a 180 gradi fino a quando non prendono colore, per circa 30 minuti.
2 Commenti
Paola
Sempre un piacere leggerti, Monica! Si impara tanto…
Monica
Grazie Paola, non puoi immaginare che piacere mi fa leggere le tue parole. Buona cucina, Monica